Quando si parla dell’evoluzione del 3×3, a tutte le latitudini, la storia che ognuno si auspica di raccontare è quella di una squadra, di un gruppo di amici, che dal “campetto”, playground, torneo sotto casa scala le classifiche locali, nazionali, continentali e mondiali, laureandosi campione del mondo, e di individualità capaci di illuminare con il proprio streetball il mondo.

Questa, più o meno, è la storia Nauris Miezis, fresco MVP del WT 2020 e neo-campione del mondo col team RIGA, proveniente da un torneo che è ormai un cult a livello globale, i Ghetto Games di Riga, Lettonia, appunto.

Grazie ai social e alla sua pazienza, eccovi 5 domande poste a quello che a mani basse è stato il miglior interprete del 3×3 mondiale del 2020 e che con il suo tiro dalla lunga ha messo in chiaro la supremazia lettone sui rivali di Liman nella tiratissima finale terminata 21-20 per i suoi.

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“Riga è la nuova squadra campione del mondo 3×3, dopo aver battuto Liman in una finale mozzafiato ed aver alzato le braccia al cielo a Jeddah: quanto è stato difficile il vostro percorso, conclusosi con questo splendido successo?”

“Tanto, tantissimo! Ci siamo allenati tantissimo e molto duramente, con un preparatore atletico che si è dedicato a noi per le settimane precedenti alla trasferta di Jeddah. Negli anni precedenti ci siamo sempre più avvicinati a questo titolo, ma ci è sempre mancato qualcosa, in termini di fortuna a volte, o per poca esperienza. Ora però ci possiamo godere a pieno titolo questo grande successo, siamo finalmente dove volevamo, sul tetto del mondo!”

“Un torneo giocato in maniera perfetta, senza sconfitte e con un gioco di squadra splendido. D’altronde le vostre radici come team affondano nei Ghetto Games in Lettonia, un torneo duro ma che produce squadre di livello assoluto. Quanto sta crescendo la cultura del 3×3 in Lettonia anche grazie ai vostri successi?”

“Il 3×3 in Lettonia sta crescendo tantissimo! Siamo a un ottimo livello, e di questo possiamo essere orgogliosi e felici. Inoltre, e non è cosa da poco, ciò che ci rende molto orgogliosi di noi e del movimento che contribuiamo a creare sono la fiducia ed il seguito dei nostri tifosi e supporters.”

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“Torniamo per un attimo a Jeddah: Liman 20, Riga 19, pochi secondi al termine del match e palla nelle tue mani…”

“Abbiamo parlato durante il timeout e sapevamo come portarla a casa. Ci hanno concesso una singola opportunità e noi l’abbiamo presa, nonostante fossimo stati sotto durante la finale, sapevamo che la nostra aggressività in difesa e il non arrenderci mai avrebbero dato i risultati che speravamo. Abbiamo avuto l’opportunità di vincere proprio perché non ci siamo arresi.”

“Uno sguardo al futuro, da campione del mondo: come pensi che siano cambiate le cose adesso?”

“Tutti i team ci hanno sempre rispettato, ma credo che il titolo portato a casa dimostri che ora siamo uno dei quartetti più temibili non solo per me o per Lasmanis, ma anche per Krumins e Cavars, per la nostra voglia, per la nostra preparazione, per i nostri allenatori e la fame che ci mettiamo, senza dimenticare Strelnieks, che si dimostra un grande giocatore e che ha dimostrato il suo valore sul campo”.

“Ed a proposito di futuro, i prossimi progetti e obiettivi tuoi e del vostro team?”

“Credo che nonostante tutto, nonostante il titolo del WT, l’MVP e la conquista del mondo, il 2020 abbia lasciato un vuoto enorme in noi del 3×3, che sono le Olimpiadi: sarebbe stata la prima volta della nostra disciplina in un palcoscenico olimpico, e attendere un anno per dover giocare è davvero complesso. Nonostante questo ci prepareremo al meglio, perché il nostro obiettivo sarà proprio quello: le Olimpiadi di Tokyo!”.

È una tendenza personale, penso abbastanza comune a tutti.
L’arrivo del freddo invernale, nel periodo dell’anno più lontano dalla stagione dei tornei, ci porta quel tipo di nostalgia che riaffiora svariati ricordi delle giornate passate ai campetti. Ricordi belli, brutti, alcuni particolari che nemmeno pensavamo ci tornassero in testa, che ci incuriosiscono, che portano a sforzarci un po’ di più per far venire in mente com’era andata nel dettaglio.
La pandemia, quest’estate, ha interrotto la striscia di finali nazionali organizzate da FISB che andava avanti dal lontano 2011, togliendo a molti ballers un appuntamento fisso che ha profondamente condizionato la crescita e gli sviluppi del movimento 3×3 in Italia.

Quindi, per cercare quei ricordi, bisogna fare un salto un po’ più lungo nel nostro passato, e se si prendono male le misure del salto, si rischia di finire in quell’assurda volta che…

…C’erano i controller e le partite erano auto-arbitrate.

“Ragazzi, vi avverto, se continuate così, prendo il fischietto e vi arbitro io”.
C’è l’attimo in cui il ragazzo, incastrato per qualche birra in cambio dallo staff del torneo, brama pieni poteri sulla partita in corso e vuole dimostrare il suo carattere forte e deciso.
E poi c’è l’attimo un secondo dopo l’aver pronunciato quella frase, dove, lo stesso ragazzo, si rende conto di essersi appena rovinato i successivi 5 minuti del pomeriggio, oltre ad essersi condannato per una buona mezz’ora dove discuterà con il lungo di una delle due squadre, cercando di convincerlo che prendere la palla dopo aver preso braccio, mano, naso e occhio, è comunque fallo.

In molti tornei ci si affida ancora al fair play, un concetto tanto positivo quando si sposa perfettamente con l’idea di festa e amicizia che condiziona un evento di 3×3, quanto altrettanto difficile da gestire quando la competizione messa in campo è troppa e i giocatori non hanno sufficiente lucidità per auto-arbitrarsi.

Così è stato nei primi anni di FISB finals, con le squadre di tutta Italia che si incontravano per la prima volta e ancora molti giocatori e amici di oggi, che non si conoscevano. Si partiva con i gironi dove uno dei tanti obiettivi era guadagnarsi il rispetto come baller, e chiamare per sé troppi falli non era dunque un’opzione valida. Discorso assai diverso nella fase ad eliminazione diretta: un fallo a favore può essere decisivo per la vittoria, se vinci vai avanti, se perdi hai finito il torneo.

Ed è proprio lì che iniziano i momenti di enorme difficoltà per il ragazzo citato prima, che poi, chi è stato organizzatore di un qualsiasi torneo, potrei scommettere che è stato anche QUEL ragazzo…

Foto da FISB

…Si giocava con il “sei”.

S’intende il pallone, ovviamente.
Un po’ meno ovvia è invece la questione sul peso e la misura del pallone che si usa nel 3×3, soprattutto per chi è alle prime armi con questa nuova disciplina.
“Questo pallone è più piccolo”.
“Sì, cioè, pesa come un sei mai è grande come un sette”.
“No no, secondo me è più piccolo”.
“Esatto, ti sto dicendo che pesa come un sei ma è grande un sette”.
“No, ti sbagli. Guarda…”
Due airball da fuori, una mattonata sul tabellone e una serie di finte e giochetti tenendo la palla con una mano sola. Vorresti spiegargli che è anche per le scanalature che avviene tutto ciò, ma sarebbe troppo complicato.
Prima o poi si convincerà, forse…

Eppure c’è stata quella volta che il pallone era effettivamente più piccolo. Era in un periodo di piena sperimentazione per FIBA, che sconvolse il fronte maschile del 3×3, senza esaltare invece quello femminile dato che, prima del pallone unico, c’era ancora la distinzione delle due misure che accontentava tutti.

Giocare con il sei non era poi così male per chi faceva del ball-handling la sua arma migliore, era abbastanza apprezzato dai lunghi che potevano provare le stesse sensazioni di Shaquille O’Neal nel tenere la palla con una mano, era invece la peggior cosa potesse mai accadere a un tiratore. Immaginate un giocatore che si è allenato per nove mesi a tirare sempre con la stessa palla, nella sua palestra, prendendo i dovuti riferimenti con il canestro, e si ritrova in riva al mare, col vento, gli ombrelloni dietro il tabellone, e la palla che pesa di meno.

Nel 2016, FIBA risponde alle numerose lamentele ricevute, mettendo in campo il pallone Wilson che usiamo tuttora. Ciò che è successo prima, però, rimarrà comunque nella storia, nel bene e nel male.

Nel “male che veramente, dai, non scherziamo”, è successo anche questo.

…C’era il check prima di ogni azione.

DI OGNI AZIONE.
Pensate al 3×3 di oggi, rapido, frenetico, estenuante, senza pause se non per un fischio dell’arbitro. Pensate alla fatica di un lungo che si trova accoppiato con un piccolo oppure deve uscire dall’area prima dell’avversario per un canestro veloce, pensate alla fatica di un piccolo che, dopo aver segnato da dentro l’area, deve aver fortuna nel trovare subito il giocatore rimasto libero per non concedergli un comodo tiro da fuori.

Adesso immaginatevi l’esatto contrario, che corrisponde esattamente a come tutto è iniziato alle prime FISB finals, qua in Italia.

Un modo di giocare lento, statico, talvolta monotono a causa delle poche soluzioni che si potevano trovare in attacco, con un equa distribuzione dei tiri tra i lunghi, che facevano a sportellate in post, e i piccoli che tiravano sugli scarichi.
I più nostalgici ricorderanno il dominio, nei primi anni, dei “Wizze&Lozze”, caratterizzato dalle giocate in post del gigante Patrice Temoka, l’energia infinita di un giovane Joao Kisonga, e le mani educate di grandi tiratori come Andrea Cerri, che hanno portato, alla squadra toscana, i primi due titoli nazionali assegnati da FISB.
(qui le foto di tutti i vincitori delle finali targate FISB http://www.fisb-streetball.it/hall-of-fame/)

Foto da FISB

Ma cosa c’era di così diverso, da far sembrare il 3×3 di una volta, uno sport quasi completamente diverso da quello di oggi?
Il check.
Sempre.
Dopo un canestro, dopo un cambio di possesso, dopo che uno andava in bagno, dopo aver ordinato una birra, dopo i pasti. In un momento di confusione, fare un check con l’avversario poteva essere la cosa più giusta, metteva d’accordo tutti, faceva riprendere fiato, il piccolo tornava a marcare il piccolo e il lungo tornava a marcare il lungo, il primo non rischiava di trovarsi in situazioni spiacevoli dentro l’area, il secondo montava una tenda con l’avversario nello spazio dove oggi c’è disegnato lo smile.

Poi le cose sono cambiate, il 3×3 è diventato lentamente quello che vediamo e giochiamo oggi, dove per competere ad alti livelli, devi essere un all-around player dal punto di vista tecnico e fisico, devi esser capace di fare tutto, e farlo pensando in fretta.
Ricordiamoci però da dove siamo partiti, che magari non eravamo ancora così bravi a fare quel “tutto”, ma per fare il check, eravamo tutti fortissimi.

Brent

Tra i vari debutti all’Hoptrans 3×3 di Palanga, in Lituania, oltre al già citato Jonas Maciulis vi è stato un ritorno speciale, quello di Darjus Lavrinovic, attuale membro del BC Vytis e olimpionico del 2008 con la nazionale di pallacanestro maschile lituana. Figura già vista in Italia per due stagioni con la maglia della Reggiana.

Ai microfoni di FIBA 3×3, a posteriori del suo debutto nel mondo del 3×3, ha dichiarato “Mi è piaciuta molto l’atmosfera della folla, e il gioco è molto diverso dal basket. Il ritmo è diverso, lo Streetball è molto più veloce, ma è molto interessante da guardare e giocare”.

La squadra di Lavrinovic, Legendos, ha iniziato lentamente nella prima tappa del tour, perdendo entrambe le partite del girone per 2 punti. Darjus crede che con più esperienza, continuerà a migliorare “Nella prima partita è stato strano all’inizio. Proprio quando abbiamo iniziato a capire lo stile del basket 3×3, la partita era già finita. La seconda partita è stata molto più facile e ci siamo adattati di più. Spero che con ogni partita che giochiamo diventi più facile e migliore per noi”.

A lui si è aggiunto il fratello gemello Ksystof Lavrinovic, che gioca al suo fianco a BC Vytis e Legendos. Per Darjus Lavrinovic, lo stile 3×3 gli ricorda il gioco in giovane età “Non importa quale sport pratichi, mi sento sempre bene a giocare con mio fratello. Mi ha portato molti ricordi di quando giocavo a street ball all’aperto con mio fratello”.

Fonte Originale e Foto : FIBA 3×3

“Buongiorno signor Jordan, la ringrazio molto per aver accettato il mio invito.”
“Ciao, figurati.”
“Possiamo darci del tu?”
“Darci cosa?”
“Ah giusto, in inglese non esiste dare del lei, ma dato che l’intervista è scritta in italiano, mi sembrava cortese chiederlo.”
“Fai come vuoi.”
“Possiamo iniziare?”
“Vai, parliamo un po’ della triangle offense.”
“Come scusa? L’intervista è sul 3×3.”
“Appunto, non è una variante moderna dell’attacco di Tex Winter?”
“Ehm, no. Non c’entra nulla, il 3×3 è un altro sport.”
“Simile al baseball?”
“No, non c’entra nulla nemmeno col baseball. E’ molto simile alla pallacanestro. Deduco quindi che non hai letto le domande che ti ho spedito la settimana scorsa.”
“No, perdonami. Ero molto preso dagli allenamenti, devo rimettermi in forma.”
“Davvero? Ci stai per svelare un tuo grande ritorno?”
“Non so ancora di preciso cosa fare, ma non ho digerito bene alcune dichiarazioni dopo l’uscita di The Last Dance. Horace Grant, Isiah Thomas, tutti bravi a parlare, ma poi sul campo…”
“Sai che il 3×3 potrebbe essere l’occasione giusta?”
“Dimmi di più.”

La curiosità gli ha fatto passare il rossore agli occhi.

“Si gioca a basket tre contro tre con un canestro solo e una palla un po’ più piccola. Ci sono moltissimi tornei in giro per il mondo e il livello delle squadre sta crescendo.”
“Provo a metter su una squadra. Si vincono soldi?”
“Purtroppo non molti per ora. Sicuramente non le cifre a cui sei abituato tu.”
“Scottie Pippen è il primo. Saranno comunque più soldi di quelli a cui era abituato lui.”
“Frecciatina…”
“Poi? Mi serve sapere altro.”
“I punti valgono uno e due, il tiro da fuori è spesso decisivo nelle partite punto a punto.”
“Steve Kerr, preso. Sa fare solo quello.”
“Bene, ti serve ancora un quarto giocatore. Il 3×3 è un gioco molto faticoso ed è importante avere un cambio sempre pronto a dare energia alla squadra.”
“Dennis Rodman, ma ci parli tu.”
“Sarebbe un onore.”
“Aspetta e vedrai. Ah, e ovviamente ci allena Phil Jackson.”
“Teoricamente il 3×3 non prevede la figura dell’allenatore durante una part…”
“Ho detto che ci allena Phil Jackson.”
“Chiaro, volevo dire che l’allenatore vi segue da fuori e successivamente…”
“VOGLIO PHIL JACKSON.”
“Se mi lasci finire, sto provando a spiegarti che l’allenatore…”
“DEVE ESSERE PHIL JACKSON.”

“Ciao Phil, ti devo parlare.”
“Ma mi stai dando del tu?”
“No scusa, cioè, prima con Michael dicevamo che in inglese non…”
“Guarda che leggo i sottotitoli di ciò che dici sopra la tua t-shirt nera.”
“Ma quindi lo sapevi???”
“Sapevi, cosa?”
“Niente, te lo spiegheranno tutti quelli che hanno visto “The Last Dance” con i sottotitoli. Veniamo a noi, Michael vuole tornare a giocare, più precisamente, a basket 3×3.

Si dice che, indossando questa camicia, abbia svelato il segreto della Triangle offense, senza mai farsi scoprire.

“Naahh, non potrebbe mai vincere in quello sport.”
“Non c’è bisogno che gliela metti sul personale, ci hanno già pensato altri.”
“E allora a cosa servo?”
“Ti vuole come allenatore.”
“Ma nel 3×3 non c’è l’allenatore.”
“È quello che ho provato a spiegargli, ma lui non ne vuole sapere.”
“In qualche modo si può fare, ma prima di accettare voglio sapere chi ci sarà in squadra.”
“Oltre a MJ, ci saranno Pippen, Kerr…”
“Molto bene.”
“…e Rodman.”
“Ma ci parli tu.”
“Non capisco dove sia il problema.”
“Prego, è di là che ti aspetta.”

“Ciao Dennis, scusa se ti do del tu, se vuoi ti do del lei, ma ho già parlato con Michael e Phil e quindi…”
“Ehiiii fratello!!! M***a che faccia triste che hai, rilassati un po’ e take it easy!”

…mentre leggeva il Pagellone del tour master dell’anno scorso.


“Non sono triste, ero solo preoccupato che…”
“Non sarai mica uno di quei cog****i che è venuto a rompermi il c***o con quelle domande sui Bulls e tutto il resto?”
“No guarda, venivo a proporti di giocare alcuni tornei 3×3 con Michael, ti spiego come funziona…”
“Ma va! Se al campione va bene, va bene anche a me. Quello decide sempre che c***o gli pare e se provi a dirgli di no, si inc***a di brutto, più di me.”
“Perfetto allora! Ma cosa ne pensi di questa nuova disciplina che esordirà alle Olimpiadi?”
“Ma che c***o me ne frega! Lo sai cosa interessa a me, sc****e, bere e sc****e. Sc****e l’ho già detto?
“Sì Dennis, l’hai già detto. È che speravo di avere una tua risposta senza dover mettere asterischi.”
“Allora vai da Steve. Quel cu*o bianco ti darà tutte le risposte a modo che vuoi.”

“Steve!”
“Ciao Brent.”
“Ma ci conosciamo?”
“Certo che no. Ma ti sei firmato nel messaggio che mi hai scritto per fissare
questo incontro.”
“Giusto, scusami. L’ultima chiacchierata che ho avuto con Dennis mi ha un po’ sconvolto.”
“Non ti preoccupare, è normale.”
“Dunque, Michael sta organizzando una squadra…”
“Sì certo, ho letto sempre nello stesso messaggio la proposta che stavi per farmi.”
“Ah molto bene, dice che gli faresti comodo perché nel 3×3 il…”
“…tiro da fuori vale doppio, ho letto il regolamento.”
“Wow, e dice anche che, considerando le spaziature diverse…”
“Si aspetta che io mi trovi al posto giusto, al momento giusto, come sempre.”
“Esatto! Quindi accetti?

La produzione non poteva prestargli una maglietta dei Bulls???

“Ti ho già risposto per messaggio mentre mi fissavi la maglietta dei Warriors che ho addosso.”
“Ah ecco, è che proprio mi stavo chiedendo…”
“Come ho fatto a vincere tutti quegli anelli anche da allenatore?”
“No. Come avete fatto a perdere in finale l’anno che avete fatto 73-9. E io ero pure venuto a vedere la 70esima W. Mannaggia a voi…”
“Prego, puoi andare.”

“Eccoci, manchi soltanto tu!”

“Scottie!”

“Pip”
“…è che ho qualcosa tra i denti.”
“Guarda che non è vero.”
“Eppure lo sento.”
“Anche se lo senti, ti garantisco che non si vede.”
“Se lo dici tu.”
“Per il resto tutto, bene?”
“Mai stato meglio.”
“Sicuro? Schiena? Caviglia?”
“Benone, davvero. Perché?”
“Mike vuole tornare a giocare.”
“In effetti, qua, nella zona lombare…”
“Ma si tratta di 3×3, tornei di un week end dove si vincono soldi.”
“…dicevo, soprattutto qua nella zona lombare, ho fatto potenziamento muscolare l’altro ieri.”
“Pochi soldi, è un movimento ancora in crescita.”
“È che proprio da stamattina, sentivo delle fitte al piede…”
“Ma puoi prenderti la fetta che spetta a Dennis, nella sua lista degli interessi, non parlava di dollari.”
“…che poi sono passate appena ho iniziato le ripetute in salita.”
“Direi che ci siamo.”

Senza il suo sorriso, ho finalmente notato il colore della sua polo

“Devi però aiutarmi. Per una volta, quando capiterà, voglio prendere io il tiro decisivo. Come posso fare?”
“Semplice. Ti capiterà soprattutto nel supplementare, prima squadra che fa 2 punti, vince. Fingi di chiamare uno schema per Michael e ricevi tu il check. Non lo guardi nemmeno. Tiri appena hai la palla in mano. Io di solito faccio così.”
“E funziona?”
“No. Quando va bene, prendo il ferro, rimbalzo loro, pessima difesa e canestro da fuori preso in faccia.”
“La difesa non è un problema per me. Recupero palla e tiro finchè non segno.”
“Così andrà alla grande, ottima idea.”
“Ti ringrazio, contatemi pure.”

“Mike, ci siamo. O meglio, ci siete, la squadra è pronta.”
“Direi di sì, non vedo l’ora.”
“Mi sembri parecchio carico, chissà se qualche squadra avrà il coraggio di sfidarvi.”
“Se pensi di essere pronto, puoi essere tu il primo avversario.”
“Wow!!! Sarebbe incredibile!!! Ma dovrei dormire ancora parecchio per far continuare questo sogno.”
“Un sogno che potrebbe diventare realtà.”
“Stai scherzando????”
“Sì, e adesso vedi di svegliarti, che è tardi. Alla tua età avevo già vinto un anello.”
“Io, alla playstation, ne ho già vinti più di te.”
Get_Up_Byron_23. Aggiungimi appena ti svegli.”
Un_altro_whiskey_grazie_96. Sarà fatto. A presto.”
“A presto.”

Non siamo a New York e non c’è nessun aneddoto di Earl Manigault da raccontare. In Piemonte, la parola “The Goat”, rimanda molto più facilmente allo storico torneo organizzato in provincia di Torino da addirittura 8 anni.
Il primo motivo che ha reso questo evento tra i più longevi in zona, è sicuramente la ricerca costante di trovare ogni anno qualcosa da migliorare rispetto all’edizione precedente. Il triplice cambio di location ne è una prova lampante.

Per Carlo Sardella e il suo staff, tutto ebbe inizio in un campetto a Orbassano, sempre in provincia di Torino, per poi spostarsi lungo la cintura del capoluogo, passando da un centro privato che poteva ospitare fino a sei metà campo e infine arrivando a montare i campi in una delle principali piazze di Rivalta di Torino.

Anche sui campetti marchiati “The Goat” si gioca per divertirsi, ma quando si vince, ci si diverte sicuramente di più, e i ballers che si presentano a questo torneo, lo sanno bene.
Dalla prima edizione, una formula sempre precisa e un regolamento ufficiale sempre aggiornato con i cambiamenti che il 3×3 ha subito nel corso degli anni, hanno garantito un alto livello di competizione che ha attirato l’attenzione dei migliori giocatori in regione.

La crescita a inizio decade del movimento cestistico all’ombra della Mole Antonielliana, ha portato un aumento a cascata del livello di giocatori e società, così come molti ballers hanno deciso di sfruttare la vetrina di vari tornei prestigiosi per poter strappare un contratto migliore nel campionato di 5vs5.
“The Goat Streetball” rientra certamente tra le migliori vetrine sotto questo aspetto, riuscendo a farsi conoscere grazie anche agli ottimi risultati ottenuti dalle sue squadre alle finali nazionali.

Lo staff rivaltase non ha comunque dimenticato l’importanza di dover puntare con le stesse energie su qualità e quantità.
Ne è a dimostrazione l’edizione del 2017, con 54 squadre iscritte, 6 metà campo a disposizione e un numeroso pubblico che, oltre a seguire l’andamento del torneo sempre più avvincente man mano che ci si avvicinava alle finali, si è lasciato trascinare dall’energia di un inedito Slam Dunk Contest dove vi hanno preso parte emergenti dunker locali.

Numeri importanti che, di riflesso, hanno contribuito alla crescita di una categoria che spesso in molti si dimenticano: gli arbitri. Al “The Goat” la priorità è stata sempre quella di avere arbitri ufficiali con una conoscenza completa del regolamento, sapendo che l’esperienza sul campo e il confronto con i giocatori, sono i modi migliori per garantire un percorso di qualità anche a loro.

Per il futuro, i dubbi sono pochi e le idee sono chiare. Carlo ha sempre seguito con attenzione ogni piccolo passo del movimento 3×3 in Italia, con la convinzione di poter raggiungere importanti risultati promuovendo il basket di strada come la nuova disciplina che esordirà alle Olimpiadi di Tokyo.

Lo spirito di aggregazione e l’atmosfera streetball vengono di conseguenza, grazie al desiderio di molti giocatori che, dopo nove mesi chiusi in palestra, preferiscono conoscersi meglio stando seduti sotto un albero e bevendo una birra fresca dopo aver appena giocato.

Andrea Antoniotti